Il filo rosso del destino

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  1. AlexandraLux
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    - Sokka dovrebbe trovarsi sul ponte B, dopo il corridoio centrale. Ti ricordi chi è Sokka, no? Il ragazzo della Tribù dell’Acqua, con il codino. Ecco, lui. Devi consegnargli questo messaggio, è molto importante. Hai capito tutto?
    - Sì, maestra Suki. - rispose Akai.
    Salutò la guerriera con un cenno del capo e si diresse verso il ponte. Il corridoio centrale era molto lungo, e vi erano tutte le cabine principali. Ai muri, gli stendardi della nazione del fuoco e delle fiaccole dal manico lungo e stretto. Sul pavimento di metallo, un lungo tappeto nero con decorazioni porpora.
    Akai alzò lo sguardo ed osservò ogni cabina del corridoio. I numeri, incisi su una lastra dorata, andavano dal 203 al 247, sulla destra i pari, sulla sinistra i dispari.
    Mentre camminava a passo svelto, vide una cabina con la porta aperta, al cui interno c’era il ragazzo che corrispondeva alla descrizione della maestra Suki. Si fermò di scatto e bussò contro lo stipite con le nocche per tre volte, affinché il ragazzo la notasse.
    - È lei Sokka della Tribù dell’Acqua, giusto? - chiese timidamente, con il timore di disturbarlo.
    Era da solo nella stanza. Sfoderò un sorriso a trentadue denti, uno dei suoi migliori, e rise.
    - “Lei”? Oh, no, no… Dammi del “tu”! Sei una guerriera di Kyoshi, giusto? L’allieva di Suki! Entra, non stare sull’uscio!
    Stava facendo lo sbruffone, probabilmente credendo di fare colpo su di lei, che, imbarazzata, sorrideva.
    - No, grazie mille… In verità sono qui per consegnarl… consegnarti un messaggio. Da parte di Suki.
    Sokka arrossì, pensando che forse Suki fosse ancora interessato a lui. Adesso era ancora più sicuro che la ragazza dovesse entrare, così avrebbe potuto parlarle.
    - Entra, davvero. Siediti, sto… preparando un tè, - e prese un pentolino, in cui versò dell’acqua.
    - Non vorrei disturb… - ma prima che potesse terminare la frase, Sokka la tirò per il braccio e la fece accomodare su un tappetino, chiudendo la porta. Akai era sbigottita. Il ragazzo, invece, sorrideva, con le guance arrossate, non accorgendosi dell’imbarazzo dell’altra.
    Si alzò, e prendendo delle foglie di tè - in verità, non era neanche sicuro fossero foglie di tè - le mise sul fondo di una tazzina stretta in cui versò l’acqua bollente. Se solo l’avesse visto Iroh…
    Si sedette, e Akai aveva sulle labbra un sorrisino di circostanza. Se avesse potuto, sarebbe fuggita all’istante. Il silenzio era spiacevole, così, per togliersi dall’impaccio, Akai porse la pergamena con il messaggio a Sokka, che la lesse a bassa voce.
    - Ah, capisco, capisco… - poi la gettò verso un angolo della stanza, e appoggiò i gomiti sul tavolo e il mento sui palmi delle mani, osservando la ragazza. - Dimmi un po’… Suki è una brava maestra?
    Questo ragazzo ha dei seri problemi, pensò Akai, che si sentiva sempre meno a suo agio.
    - S-sì, è un’ottima maestra…
    - Ed è bellissima, non credi?
    In quel momento capì: non era pazzo, era innamorato. Lo guardò con dolcezza, e per la prima volta, gli sorrise con sincerità.
    - Sì, è davvero bella.
    Parlarono così, per un po’, e l’atmosfera si scaldò velocemente. Chiacchieravano di tutto e di più, dell’isola di Kyoshi, di sua sorella Katara, di Aang, della nave e delle lezioni di combattimento. Lui le raccontò anche quando per la prima volta incontrò la maestra e la sfidò a duello, perdendo vergognosamente. Lei rideva, era divertita dalle sue storie e dalle avventure che aveva vissuto con Aang in giro per il mondo.
    Poi, però, cadde di nuovo il silenzio. La porta si aprì, e nella camera entrò Zuko.
    Dopo tanto tempo, Akai e Zuko potevano guardare i loro volti come meglio li avevano conosciuti. Lui, con i capelli neri che gli ricadevano sul viso. Lei, con il viso pulito e gli abiti della Nazione del Fuoco, i capelli lunghi sciolti sulla schiena. C’era stupore nelle loro espressioni, e un po’ di timore. Eppure, non riuscivano a distogliere lo sguardo l’uno dall’altra. Anche Sokka, come Suki, notò l’intesa tra i due, e invitò Zuko a sedersi. Egli, allora, si accomodò di fronte ai due, prendendo silenziosamente tra le mani una tazzina di tè.
    Akai, invece, si alzò, pronta ad andarsene. Sottecchi, il Signore del Fuoco la guardava.
    - Tolgo il disturbo, non voglio essere d’impiccio.
    Prima che si sollevasse, però, Sokka le prese il braccio.
    - Non andare, rimani con noi un altro po’! Non devi mica farti intimorire da lui! È il Signore del Fuoco, certo, ma dopo tutto, sotto questa aura di superiorità, non è altro che il nostro piccolo Zuzu.
    Mentre punzecchiava il ragazzo, la guardava con tristezza. Era davvero dispiaciuto all’idea che se ne dovesse già andare.
    Lei, per non essere scortese, si sedette di nuovo accanto a lui, e guardò l’infuso nella teiera. Furtivamente, osservava le dita di Zuko, che, di fronte a lui, maneggiava la tazzina calda. Se avesse allungato di più il braccio, avrebbe potuto toccarlo. Si ricordava che la sua pelle era rovente, di un calore pungente. Dopotutto, quel ragazzo era un potente dominatore.
    - Come mai sei qui? - esordì dopo un po’.
    Aveva le labbra appena aperte, immobili, e Akai non riusciva a fare a meno di guardarle.
    - Ho portato un messaggio a Sokka, da parte della maestra Suki.
    - Capisco…
    - Vedi? - aggiunse Sokka, canzonatorio. - È innocuo! Non morde, non punge, non scotta… - le fece l’occhiolino.
    Si aprì nuovamente la porta, e sulla soglia si affacciò Suki.
    - Eccoti! Ti cercavo, non sapevo dove ti fossi cacciata! Ah, ciao, Sokka. Zuko, - salutò i due, con freddezza.
    Akai allora si alzò, e ringraziò Sokka per il tempo trascorso insieme. Poi, si inchinò a Zuko. La guardò per un solo istante. I suoi occhi erano cupi.
    Quando uscì dalla cabina, Sokka si avvicinò al viso di Zuko, che alzò finalmente lo sguardo.
    - Allora, cos’è successo tra voi due?
    Il Signore del Fuoco abbassò di nuovo il capo, e non rispose.

    * * * *

    Sbarcati nel Regno della Terra, il ragazzo aveva le mani davanti alla bocca, e gli occhi azzurri che parevano uscire fuori dalle orbite. Sokka non aveva mai sofferto il mal di mare, e vederlo quasi soffocare tra i conati faceva molto tenerezza. Come suo solito, tendeva ad esagerare la propria condizione, per attirare un po’ di attenzione su di sé. Difatti, quando ebbe attorno gran parte della ciurma, assunse una perfetta posizione eretta, con il petto all’infuori, e dettò gli ordini:
    - Andremo al villaggio qui vicino a chiedere informazioni sulla zona. Ci divideremo in gruppi, e ci riuniremo qui, sulla baia, a lavoro finito. Voi vi occuperete delle scorte, - indicò un gruppo di donne e uomini, e lanciò loro una sacca di monete. - Qui, stasera, ci scambieremo le informazioni ottenute, monteremo delle tende e poi potremo riposare. Domani, invece, partiremo di buon ora per perlustrare l’intera zona. Dobbiamo preparare un piano d’assalto e dovremo sfruttare al meglio le possibilità che questo paesaggio ci offre. La foresta, la baia, l’acqua… Domani decideremo come sfruttare tutto ciò a nostro vantaggio. Non sarà una battaglia facile. Dividiamoci.
    Sokka formò delle squadre, e fece in modo di avere nella propria Suki. Zuko ad Aang, invece, viaggiarono separatamente, ognuno a capo di diversi guerrieri. In tutto vi erano tre squadre, capitanati dai tre ragazzi del Team Avatar. Si allontanarono seguendo sentieri diversi, tutti però diretti verso il villaggio.
    Il Signore del Fuoco si guardò intorno, e indietreggiò nella fila del suo gruppo, fino a trovarsi di fianco ad Akai, che abbassò la testa, per non guardarlo in viso. La tirò verso la coda della fila.
    - Ho bisogno di parlarti. Seguimi.
    - Non mi allontanerò dal gruppo. Faccia finta che abbia declinato gentilmente il suo invito, Signore del Fuoco.
    - No, devi venire con me. Devo parlarti.
    Akai si voltò di scatto, e fissò il suo sguardo negli occhi brillanti del Signore del Fuoco.
    - No. Io da qui non mi muovo.
    Zuko si infiammò di rabbia, e istintivamente afferrò il suo braccio. Si imboscò tra le piante della foresta e portò con se la ragazza, che cercava di divincolarsi dalla sua presa, in silenzio. Il gruppo non doveva accorgersi della loro deviazione. Da parte sua, il ragazzo non aveva nessuna intenzione di farle del male, ma doveva sapere, era suo diritto. Si fermò in un piccolo spiazzo tra i cespugli, in cui filtrava a mala pena la luce del sole attraverso le fitte fronde.
    - Come ti permetti di portarmi qui? Come puoi lasciare il tuo gruppo da solo? Potrebbero trovarsi in pericolo, incontrare qualche fuggiasco o brigante, potrebbero finire in un combattimento, e tu non saresti lì a proteggerli. Come puoi badare ai tuoi interessi, mentre dovresti tenerti in guardia da pericoli esterni? Quelli sono i tuoi uomini!
    La ragazza era pronta ad andarsene, ma Zuko, sorpreso dal fiume di parole che tutto d’un tratto uscì a gran voce dalla bocca di lei, le si avvicinò e le fece cenno di fare silenzio. Akai capì che non sarebbe stato conveniente alzare di nuovo la voce, ma, seppure con un tono più pacato, continuò a rimproverare il suo comportamento.
    - Smettila! - la fermò il Signore del Fuoco. - Non devi dirmi cosa devo fare! So bene di aver lasciato il gruppo da solo, ma sono sicuro che sappia cavarsela! E sai bene che c’è una questione che io e te dobbiamo chiarire. Da anni.
    Akai indietreggiò istintivamente, come per difendersi dalle sue parole, che l’avevano colpita nel profondo come lame. Era vero, sapeva che prima o poi sarebbe arrivato il momento di discuterne, ma non credeva sarebbe giunto così presto. Rimase in silenzio, e volse la testa di lato, stringendo i pugni. Il ragazzo continuò a parlare.
    - Voglio sapere perché. Perché sei tornata. Perché sei diventata una guerriera. E cosa ne hai fatto del tuo passato. Sai che mi spetta una tua spiegazione. E devi, devi darmela. Ti conosco, e so che hai bisogno anche tu di parlarne con me.
    Akai strinse i pugni con maggior vigore, alzò gli occhi verso di lui. Era lontano, ma il fuoco scoppiettava nei suoi occhi, non con rabbia. Con dolore. Aveva sofferto, e meritava di sapere perché tutto ciò era successo. La ragazza era sul punto di cedere, di dirgli tutto, di scoppiare e sbattergli in faccia la verità, con tutto il rancore che aveva trattenuto in quei due anni, tutto l’odio… tutto l’odio e il rancore che per lui non provava. Anche lei era stata tormentata dal dolore e dal rimorso. Lui non era l’unico ad aver sentito le unghie dell’amarezza penetrare a fondo nella sua pelle, graffiargli il petto.
    - No, non è vero. Tu non mi conosci affatto. E mai hai voluto conoscermi. Sono tornata per motivi che non ti riguardano, e che io sia una guerriera non deve interessarti.
    - Sai che non puoi, non è corretto.
    È vero, pensò la ragazza. Zuko sapeva, e lo sapeva anche lei, ma non si fece intimidire dalle sue parole.
    - Pensa quello che vuoi, in ogni caso, non sono pensata per quello che pensi tu. E non sono tornata per te.
    Zuko sentì la gola stringerglisi, un sapore acre pungeva nella sua bocca. Tanti piccoli aghi sprofondavano nel suo palato, che a mano a mano diventava secco. Un bruciore nelle narici percorse il setto nasale e risalì al centro della sua fronte, dove le sopracciglia si increspavano come due isole che volessero raggiungersi. Tra loro, fremeva la rabbia del giovane.
    Rabbia… La vermiglia maschera del dispiacere.
    Akai chiuse gli occhi e si volse di spalle, e ripercorse il sentiero che si erano aperti tra le foglie per raggiungere il gruppo, che ormai era andato avanti. Quando udì quelle parole tra gli alberi, tentennò un attimo, prima di riprendere il proprio cammino con piedi saldi.
    - Allora perché te ne sei andata?
    Nessuna risposta.

    * * * *

    La foresta era quieta. Gli unici rumori provenivano dagli scricchiolii dei rami che si rompevano sotto le suole dei guerrieri. Camminavano a passo svelto, il sole si levava alto nel cielo del mezzogiorno, e loro non davano segni di stanchezza. Il timore che Azula incuteva era tale da inibire ogni possibile sintomo di fatica. In silenzio, proseguivano.
    Sokka affiancava Suki nella marcia muta. Lo spazio tra di loro era un campo magnetico, che tirava da una parte e dall’altra i loro corpi verso un punto di mezzo. L’elettricità intorno ai due era tangibile, l’energia catalizzata dalla vicinanza stessa. Se si fossero sfiorate le loro mani, avrebbero probabilmente sentito una piccola scossa crepitare lungo le dita.
    Ad un tratto, il ragazzo ruppe il silenzio.
    -Da quanti anni voi guerriere siete qui?
    Suki, con un gesto della mano, rispose: tre.
    - Ve l’aveva chiesto Mai, giusto? Che peccato che subito dopo sia finita tra quei due…Era ovvio che quella ragazza teneva a cuore la vita del suo ragazzo, nonostante i suoi modi un po’… taglienti. Non per farmi i fatti loro, eh, certo, ma… Tu sai più precisamente come sono andate le cose?
    Sokka, in verità, sapeva benissimo cosa fosse successo. Ma forse parlare di un’altra relazione che non era andata a buon fine l’avrebbe aiutato a far luce sulla fine della loro relazione.
    - Volevo solo sapere meglio cos’è accaduto…
    - Ecco, non so dirti tutto, ma lui le ha tenuto nascoste troppe cose, troppo importanti. Era tutto un segreto per lei, sempre un segreto, e lui non si era dedicato molto a lei. Una persona che, come fosse niente, se n’è andata. L’ha lasciata sola, Sokka. Abbandonata a sé stessa. La vedeva quando poteva e quanto bastava. Non le aveva prestato le attenzioni necessarie, e lei si era stancata di quella situazione.
    Si rese conto che Suki aveva volutamente sottolineato il suo nome. Non stava parlando solo di Mai: stava parlando anche di sé stessa.
    - Suki, mi dispiace. Per loro… e per noi. Sai che non è così, e mi dispiace tu l’abbia vissuta come dici... tanto.
    La ragazza abbassò lo sguardo sulle foglie che calpestava.
    - Voglio restarti accanto, non voglio andarmene più, Suki. E semmai sarò costretto a partire, non voglio farlo senza di te.
    Le parole di Sokka furono per lei un caldo abbraccio. Gli sorrise appena, e avanzò nella marcia.

    * * * *

    Finalmente, pensò il Signore del Fuoco Zuko.
    Avevano scorte a sufficienza. Tutta l’armata era al massimo delle proprie forze. Avevano un posto in cui dormire. Avevano preparato il piano in ogni suo dettaglio. E avevano trovato il nascondiglio segreto di Azula. Mancava un giorno all’attacco. Presto avrebbe riportato in patria sua sorella.
    Erano stati formati nuovi team, ed ognuno aveva ricevuto degli ordini specifici: chi doveva restare nascosto tra le fronde, chi tenere sotto controllo l’ingresso del covo, chi chiudere ogni sentiero di fuga. Erano pronti al combattimento. L’aria era satura di tensione, quando all’improvviso, sentirono uno boato. Poi, fumo.
    Dall’entrata della grotta fuoriuscirono dei figuri, coperti in viso dagli elmi della Nazione del Fuoco. A quanto pareva, Azula non aveva intenzione di mostrarsi prima che la battaglia con i suoi tirapiedi fosse conclusa. Probabilmente quegli uomini non appartenevano alla Nazione del Fuoco, ma, sapendo di essere alla destra di una fuggitiva, avrebbero dovuto nascondere il loro volto per non essere rintracciati.
    La battaglia iniziò.
    Tra le fiamme, i soldati del Signore del Fuoco attaccarono per primi, insieme a Sokka e Zuko, mentre Aang attendeva la venuta di Azula. L’avevano pregato di restare indietro e lasciare che gli altri avanzassero, prima di quel momento. Dopo aver opposto non poca resistenza, l’Avatar si convinse, e attese in silenzio.
    Gli uomini, però, non riuscirono a fiaccare gli scagnozzi della Principessa, che, nonostante le ferite, sembravano non sentire alcunché. Attaccavano senza posa.
    Le guerriere di Kyoshi cercarono di bloccare il loro chi, affinché lo scontro si concludesse il più presto possibile, ma gli uomini di Azula erano ben addestrati, e forse la stessa li aveva avvisati della tecnica della sua vecchia amica Ty Lee. Non si fecero intimorire dalle ragazze, anzi, sembrava si prendessero gioco di loro.
    Poiché la situazione degenerava, Sokka riunì un piccolo gruppo di uomini e guerriere.
    - Sentite, questi energumeni non si fermeranno in nessun modo: Azula sta cercando di farci perdere tempo, come il giorno dell’eclissi! Nel momento in cui noi staremo sul punto di cedere, lei ci darà il colpo di grazia. Ma non possiamo permetterglielo, dobbiamo fermarla. Dobbiamo entrare, non abbiamo altra scelta. Vi guideranno Aang, Zuko e Suki, mentre noi rimarremo qui. Quando saranno distratti, scivolerete lungo il muro ed entrerete. Ho già un’idea.
    Rapidamente Sokka formò un gruppo e creò un diversivo con delle granate fumogene, mentre parte delle guerriere di Kyoshi e i tre si introducevano nella roccia cava. Tutti gli uomini di Azula erano voltati in direzione dello scoppio causato dal ragazzo, che diede il via libera con un leggero cenno del capo.
    Nella caverna c’era un odore denso, soffocante, e un buio pesto. Il tunnel dinanzi a loro sembrava non avere fine, e non una luce filtrava tra le rocce. Avanzavano quanto più velocemente potessero, grazie alla guida di Aang, che “vedeva” il terreno attraverso il dominio della terra. Di scatto, si girò verso l’esterno.
    Lì, uno dei figuri correva in direzione dell’entrata urlando:
    - Sono dentro!
    Il gruppo infiltrato iniziò a correre verso l’interno della roccia, inseguito dai nemici, che lanciavano dai pugni chiusi lunghe lingue di fuoco. Per quanto corressero, quegli uomini erano sempre più vicini e da un momento all’altro li avrebbero raggiunti. Aang si voltò di scatto e li allontanò con il dominio dell’aria di qualche metro. D’un tratto, il team si trovò con le spalle al muro. Era impossibile abbandonare il campo di battaglia. Gli uomini si infiltrarono nel gruppo e la mischia iniziò a combattere. Accerchiati, Aang e Zuko rispondevano ad ogni colpo, schiena contro schiena si proteggevano reciprocamente.
    Dietro di loro, le guerriere di Kyoshi attaccavano i restanti uomini. Alcuni di essi erano a terra, inoffensivi, poiché le ragazze ne avevano temporaneamente impedito il dominio. Akai, tra loro, riuscì ad atterrare due uomini grazie alla tecnica appresa da Ty Lee, e prese a correre in direzione delle altre, in aiuto. D’un tratto, sentì una mano afferrargli saldamente la caviglia, e la ragazza si trovò a terra. I ventagli a terra, non aveva più una via di fuga. L’uomo, che aveva finto di essere stato neutralizzato, si spinse su di lei, e con una fiamma era pronto a colpire.
    Akai non aveva scampo, sarebbe morta da un momento all’altro. Non era più lucida, e i ventagli erano caduti troppo lontano da lei, che era stesa a terra inerte. Aveva una sola possibilità, una sola, ma se l’avesse sfruttata, cosa sarebbe successo a lei non era dato saperlo. Poi, alla vista agghiacciante delle fiamme che si avventavano su di lei, si decise. Alzò le braccia e le aprì di colpo, scaraventando via l’uomo che l’aveva bloccata. Con il dominio del fuoco.
    Le guerriere di Kyoshi, pronte a soccorrerla, rimasero di sasso. Akai aveva colpito l’uomo con un fuoco che era stato creato dalle sue stesse mani. Eppure, ella non era stupita, e c’era un solo motivo: lo sapeva. Sapeva di essere una dominatrice e nonostante tutto aveva osato profanare i segreti dell’antica Kyoshi e le sue tradizioni. Suki, dal canto suo, non era meno sconcertata. Mai prima dei dominatori avevano fatto parte delle guerriere, e mai dalle loro antenate avevano udito che fosse loro permesso farlo.
    Le ragazze mossesi in suo soccorso si allontanarono, accecate da un profondo senso di tradimento. Akai, da sola, continuò a combattere.

    * * * *

    - Mi dispiace, ragazzi. La grotta era un vicolo cieco, e Azula era già scappata.
    Intorno ad Aang erano riuniti tutti i partecipanti della missione, che, stremati ascoltavano l’Avatar e le amare parole che pronunciava: era solo una trappola. Una trappola in cui erano rimasti feriti in dieci, che ora necessitavano di cure. Nascoste tra i rami fitti della foresta, vi erano delle guaritrici della Tribù dell’Acqua del Nord, di cui aveva chiesto il soccorso Sokka, che le aveva incontrate direttamente alla baia a Nord-Ovest del Regno della Terra, per evitare lunghi ed inutili viaggi.
    Intanto, anche chi dallo scontro era uscito indenne aveva bisogno di un lungo riposo, prima di potersi rimettere in marcia.
    - Stanotte ci accamperemo qui vicino. Prendete i vostri zaini, e dirigiamoci verso una zona più sicura. Di certo non possiamo dormire nella caverna, - disse Sokka, volgendo lo sguardo verso la bocca rocciosa. Per fortuna, era stato sparso poco sangue, e nessuno di loro aveva perso la vita nell’imboscata.
    I combattenti si incamminarono verso il luogo di ritrovo, e, mentre si allontanavano, le guerriere di Kyoshi, una dopo l’altra, si alzarono in piedi. Una di loro si avvicinò ad Akai, porgendo le mani verso di lei, in attesa.
    - Devi andartene.
    La ragazza abbassò gli occhi. Dunque anche quel giorno era giunto. Con rammarico, sfilò dal proprio abito i ventagli e li pose nelle mani della guerriera.
    - Mi dispiace aver nascosto il mio dominio. Io… Io non avevo altra scelta. Unirmi alle guerriere di Kyoshi era l’unica cosa che avrei potuto fare, in quel momento. Mi dispiace.
    Akai rimosse il coprifronte e lo porse ad un’altra delle guerriere. Era pronta a sfilarsi la veste, quando Suki raggiunse il gruppo di ragazze che aveva accerchiato la novellina.
    - Cosa state facendo?
    Le guerriere non erano affatto intimorite dal tono fermo della maestra, anzi, esposero il loro pensiero con profondo orgoglio.
    - Akai ci ha tradite. È una dominatrice del fuoco ed ha preso parte al nostro gruppo, ha imparato l’arte del combattimento delle guerriere di Kyoshi, ha scoperto parte dei nostri segreti, senza averne il diritto! Una dominatrice non può essere una guerriera di Kyoshi! Nella storia non ne è mai esistita una!
    Suki era pronta a difendere la sua allieva, a sguainare la sua spada per la sua compagna, ma… decise di non aprir bocca, e lasciò che la ragazza le consegnasse i suoi abiti da guerriera.
    In quel momento non riuscì a capire perché non l’avesse fermata, perché l’avesse abbandonata lì da sola mentre forse quel diritto di conoscere l’arte del combattimento ce l’aveva. Oltretutto, avrebbe ribattuto volentieri alle parole di quella guerriera, nel cui ragionamento vi era una grossa falla. L’avrebbe fatto volentieri, per lei e per l’onore di tutte le passate guerriere di Kyoshi. Ma non lo fece.
    D’un tratto, ne comprese il motivo.

    * * * *

    - Ehi, sei sveglia?
    Era notte fonda, e la luna accarezzava i corpi dei dormienti con le sue lunghe dita diafane, infiltrandosi tra le ampie pieghe delle tende da campeggio. Fuori una di esse, Sokka aspettava che la ragazza uscisse.
    - Sì. Come facevi a saperlo?
    Scostato il tessuto lucido della tenda, la testa di Akai emerse nel buio.
    - Difficile che dormissi, - disse con un sorriso comprensivo.
    - Già, hai ragione…
    Sokka fece segno alla ragazza di sedersi accanto a lui, e, con un po’ di coraggio, poco dopo lei uscì fuori con tutto il corpo. Incrociò le gambe e alzò la testa al cielo. Un manto di stelle abbracciava tutta la baia, e non una nuvola privava i giovani di quella vista.
    - Senti… - incominciò così il ragazzo. - Temo che ora tu stia viaggiando da sola. O mi sbaglio?
    Akai soffocò una fredda risatina. Con chi altro avrebbe potuto viaggiare all’infuori delle sue - non più - compagne?
    - No, non ti sbagli affatto.
    - Non rimarrai sola un’altra notte, - continuò Sokka. - Abbiamo parlato a lungo nella cabina sulla nave, credo di aver capito che persona sei, e che non meriti tutto questo. So che hai mentito alle guerriere per un valido motivo, e non per semplici interessi personali. Mi fido di te, e non sono l’unico qui in giro.
    Le parole del ragazzo le procurarono non poco stupore. Lui, che la conosceva da così poco tempo, si fidava di lei?, pensava, con gli occhi ancora rivolti alle luci nel cielo. Poi, abbassò lo sguardo e scoprì che non erano soli.
    - Anche io mi fido di te, Akai.
    L’Avatar era uscito dalla propria tenda e si era avvicinato ai due.
    - Con il tempo ho imparato a riconoscere le persone dai loro passi, e dai tuoi passi posso riconoscere il tuo animo nobile. D'altronde, ho visto come combatti. Nonostante avessi perso la tua battaglia, sei rimasta al fianco dei tuoi compagni, per aiutarli. Sei una ragazza sincera, di cui non ho intenzione di dubitare. E poi, mi fido molto del giudizio di Sokka.
    Il ragazzo della Tribù dell’Acqua sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi. Era felice che Aang si fosse unito a lui per aiutare Akai.
    - Quindi è deciso, viaggerai con noi - concluse.
    Non c’era nulla che potesse dire. Pareva che tutte le parole del mondo le fossero sfuggite di mano, e non ci fosse più modo di recuperarle. Non le rimase una sillaba, una sola lettera che fosse capace di pronunciare. E prima che il groviglio di indecifrabili pensieri si snodasse, il calore spontaneo dei loro sorrisi la avvolse.
     
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